Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è frutto di un contributo fondamentale - tanto dal punto di vista contenutistico quanto normativo - dell'associazione «Genitori Arcobaleno» nonché dell'avvocato Susanna Lollini. L'evoluzione della società italiana presenta ormai da tempo un novero sempre più variegato di famiglie composte: da un solo genitore, da genitori separati e dai rispettivi nuovi compagni o compagne o mariti e mogli delle famiglie ricostituite, come pure da persone dello stesso sesso che si amano e dai figli nati da precedenti relazioni eterosessuali o nati attraverso tecniche di fecondazione assistita fruibili in altri Paesi europei ed extra-europei. Le cosiddette «famiglie arcobaleno» rappresentano un settore non marginale della società privo di una ben che minima disciplina normativa.
      Prendiamo come riferimento l'indagine «Modi di», la prima ricerca quantitativa sulla salute e sul benessere della popolazione

 

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omosessuale italiana, progetto finanziato dall'Istituto superiore di sanità, realizzata su un campione di 6.774 individui (4.690 uomini e 2.084 donne). In base a questa ricerca, gli omosessuali che dichiarano di essere genitori sono il 5 per cento. Per gli intervistati di età superiore ai quarant'anni il dato sfiora il 20 per cento. Considerando che in Italia la percentuale di omosessuali è stimata al 7 per cento e tirando le somme, anche attraverso un calcolo prudente che preveda un solo figlio per genitore, risulta che nel nostro Paese centinaia di migliaia di individui hanno un genitore omosessuale.
      I principali problemi di questo tipo di famiglie sono riconducibili al mancato riconoscimento giuridico del genitore non biologico. Ad esempio: in caso di morte del genitore biologico, i figli nati all'interno di una relazione omosessuale rischiano di essere privati della continuità affettiva con il co-genitore; di fronte alla legge il figlio è un perfetto estraneo per il co-genitore, con tutte le conseguenze che ne derivano in materia di successione ereditaria; in caso di eventuali ricoveri in ospedale dei figli, il co-genitore non può decidere da solo, neppure in caso di necessità, in merito alla salute del bambino; in caso di separazione, i figli nati all'interno di una relazione omosessuale non hanno alcun diritto tutelabile di avere contatti con il co-genitore. Di contro: il co-genitore non è tenuto ad assolvere ad alcun dovere circa il mantenimento dei figli; per il bambino è negativo, sul piano psicologico, constatare il «disvalore sociale» del genitore non biologico, cioè il fatto che il suo ruolo genitoriale non venga riconosciuto nei contesti ufficiali (ad esempio non può votare al consiglio di classe), come pure rischiare di essere esposto a discriminazioni o vivere con disagio le relazioni con i coetanei e con gli operatori scolastici quando dichiari di avere due mamme o due papà.
      A tal fine è necessario un intervento normativo che consenta al compagno o alla compagna del genitore biologico di assumere rispetto al bambino i medesimi diritti e gli stessi doveri del genitore biologico.
      Tale intervento è perfettamente in linea con i fondamentali princìpi costituzionali che garantiscono la piena tutela alla filiazione come pure la rimozione di ogni ostacolo al pieno sviluppo della persona umana.
      La Convenzione sui diritti dei fanciulli, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata con legge n. 176 del 1991, e la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata con legge n. 77 del 2003, garantiscono i diritti del minore, e in particolare: «1. (...) senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. 2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari» (articolo 2 della citata Convenzione sui diritti dei fanciulli).
      Nei Paesi del nord Europa accanto alla potestà dei genitori è stata da tempo istituita la «responsabilità genitoriale», che riguarda l'assunzione di diritti e doveri nei confronti dei minori da parte degli adulti con essi conviventi. Tale istituto è stato realizzato per prendere atto che sono sempre più numerose le famiglie ricomposte dopo un divorzio, dando vita a nuovi rapporti affettivi con il nuovo o la nuova partner del genitore affidatario, ed è stato esteso alle coppie formate da persone dello stesso sesso che convivono con minori di cui uno solo è genitore legalmente riconosciuto.
      La responsabilità (detta anche autorità) genitoriale esiste in Gran Bretagna, Canada, Olanda, Francia, Germania e in tutti
 

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i Paesi del nord Europa: dall'Islanda alla Danimarca. In Svizzera la legge sull'unione domestica registrata, entrata in vigore il 1o gennaio 2007, prevede all'articolo 27: «Figli del partner. - 1. Se uno dei partner ha figli, l'altro lo assiste in modo adeguato nell'adempimento del suo obbligo di mantenimento e nell'esercizio dell'autorità parentale e lo rappresenta ove le circostante lo richiedano. I diritti dei genitori rimangono in ogni caso salvaguardati. - 2. In caso di sospensione della vita comune o di scioglimento dell'unione domestica registrata, l'autorità tutoria può (...) conferire il diritto di intrattenere relazioni personali».
      Nei Paesi dove il matrimonio è aperto anche a persone dello stesso sesso (Olanda, Belgio, Spagna, Canada) la potestà di figli nati nella coppia è condivisa e l'adozione è consentita (tranne che per i bambini nati all'estero).
      Queste prerogative di comune potestà sui figli nati dopo la formazione della coppia non sono limitate agli Stati che ammettono il matrimonio omosessuale, ma si trovano anche in alcuni di quelli che prevedono la «registrazione della coppia». In Danimarca invece la «legge sul miglioramento della registrazione delle coppie», approvata nel 1999, dieci anni dopo l'atto iniziale, che fu il primo al mondo a riconoscere pubblicamente le coppie dello stesso sesso, ha stabilito che i due partner insieme possano richiedere l'adozione o l'affidamento congiunto di minori e che un partner in una coppia registrata possa adottare i figli dell'altro (tranne nel caso in cui il bambino adottato provenga da una nazione straniera). Gli stessi sviluppi si sono avuti in Svezia: dal 2002 è consentito alle coppie omosessuali registrate di adottare minori e anche gli eventuali figli di uno dei partner avuti da un'unione precedente. In Germania è stata concessa dal 1o gennaio 2005 la possibilità di adozione come secondo genitore al partner di una coppia registrata. Il Ministro della giustizia tedesco Brigitte Zypries (SPD) ha depositato una proposta di legge per aprire alle coppie dello stesso sesso il matrimonio con quasi tutte le sue prerogative (tranne l'adozione di figli che non siano nati nella coppia). Alcuni luoghi degli Stati Uniti prevedono l'adozione come «secondo genitore». Quanto all'adozione propriamente detta, negli Stati Uniti le adozioni ai gay singoli avvengono in 49 Stati e sono numerosissime, e da questa esperienza sono state tratte conseguenze assolutamente positive. Anche il Sudafrica, il Brasile, la Gran Bretagna e l'Australia riconoscono la possibilità di adozione per gli omosessuali.
      Per realizzare davvero i princìpi della nostra Costituzione e delle Convenzioni stipulate in difesa dei diritti dei minori la presente proposta di legge intende introdurre anche nel nostro ordinamento l'istituto della «assunzione della responsabilità genitoriale», il cui scopo è appunto quello di estendere i diritti e i doveri del genitore biologico al compagno o alla compagna di questo.
      In particolare, l'articolo 1 introduce, dopo il titolo VII del libro I del codice civile, un titolo dedicato alla «assunzione della responsabilità genitoriale», costituito dagli articoli da 290-bis a 290-quater. La norma di cui all'articolo 290-bis sancisce il diritto, in capo a una o due persone maggiorenni, che non siano incorse ai sensi dell'articolo 330 del codice civile nella decadenza dalla potestà sui figli, di assumersi, attraverso una specifica dichiarazione, ogni responsabilità nei confronti di una persona, anche minorenne, che non sia figlio legittimo né legittimato.
      Ai fini della validità della dichiarazione - resa all'ufficiale di stato civile all'atto di nascita del bambino o successivamente a tale momento, in ogni tempo - è necessaria l'acquisizione del consenso degli esercenti la potestà genitoriale sulla persona nei cui confronti si rende la dichiarazione. È espressamente previsto che il consenso da parte dell'esercente la potestà genitoriale possa essere reso anche per testamento, analogamente a quanto previsto in materia di legittimazione per provvedimento giudiziale. Inoltre, qualora tale persona sia maggiore degli anni quattordici, ai fini della validità della dichiarazione è necessario assumere anche il suo
 

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consenso, in quanto direttamente interessata dagli effetti della dichiarazione. Al fine di evitare un irragionevole diniego del consenso da parte dell'esercente la potestà genitoriale - che potrebbe risultare fortemente lesivo degli interessi della persona nei cui confronti si intende rendere la dichiarazione - è sancito il diritto, in capo al dichiarante e alla persona interessata (se ultraquattordicenne) di proporre ricorso avverso il diniego al tribunale nella cui circoscrizione risiede la persona nei cui confronti è resa la dichiarazione. Il tribunale, tenuto conto dell'interesse della persona nei cui confronti si intende rendere la dichiarazione, nonché dei motivi addotti a sostegno del diniego del consenso da parte del resistente, decide con sentenza che, in caso di accoglimento del ricorso, tiene luogo del consenso negato. Tale disposizione consente quindi di contemperare, attraverso il vaglio giudiziale, il bilanciamento tra l'interesse del dichiarante e della persona nei cui confronti si intende rendere la dichiarazione a vedersi riconosciuto il diritto all'assunzione della responsabilità genitoriale, da un lato, e le ragioni che l'esercente la potestà genitoriale intende far valere a sostegno del diniego opposto al consenso, dall'altro. La valorizzazione di tali ragioni è quindi subordinata all'allegazione, da parte dell'esercente la potestà genitoriale, di giustificati motivi a sostegno del diniego del consenso, che non può giungere a ledere i diritti della persona nei cui confronti si rende la dichiarazione di assunzione della responsabilità genitoriale. Al fine di garantire il legittimo affidamento riposto dalla persona nei cui confronti la dichiarazione è resa, nonché dal dichiarante, in ordine alla stabilità del rapporto instauratosi, è prevista l'irrevocabilità delle dichiarazioni (anche di consenso) già rese. Al fine di evitare possibili strumentalizzazioni o condotte illecite finalizzate ad ottenere la prestazione del consenso alla dichiarazione, ovvero l'assunzione della responsabilità genitoriale stessa, è previsto un sistema articolato su un duplice livello. Da un lato, il quinto comma dell'articolo 290-bis sancisce la nullità della dichiarazione, qualora essa, il consenso della persona nei cui confronti è resa ovvero il consenso degli esercenti la potestà genitoriale siano resi per effetto di violenza, minaccia o dolo, da chiunque esercitati. L'articolo 290-ter, di cui si propone l'introduzione, disciplina quindi gli effetti della dichiarazione. In sintesi, la disposizione sancisce l'applicazione, alla persona che ha reso la dichiarazione, delle norme relative alla potestà, alla rappresentanza e all'amministrazione, all'usufrutto legale e a ogni altro diritto o dovere di cui al titolo IX del libro I del codice civile. Tale equiparazione assume efficacia anche ai fini dell'applicazione delle norme penali nel cui contesto la qualità di esercente la potestà genitoriale rappresenti un elemento costitutivo del reato, ovvero una circostanza aggravante. Tale disposizione sancisce quindi l'assunzione, anche ai fini penali, da parte del dichiarante, della «posizione di garanzia» e di responsabilità che il genitore ha nei confronti del figlio.
      L'articolo 290-quater introduce, infine, una norma volta a consentire l'adempimento, da parte delle persone che abbiano reso la dichiarazione, dei doveri discendenti da tale atto. Si prevede in particolare che, qualora le persone che abbiano reso la dichiarazione di assunzione della responsabilità genitoriale, ovvero i genitori, vengano meno agli obblighi che discendono dalla dichiarazione, ciascuno dei soggetti interessati può proporre ricorso al tribunale per i minorenni, al fine di ottenere l'adempimento di tali obblighi.
      Si ritiene che la presente proposta di legge consenta in modo semplice, ma efficace, di dare sicurezza e validi punti di riferimento ai bambini e agli adolescenti che crescono nelle «famiglie arcobaleno», offrendo loro sul piano normativo le garanzie economiche, patrimoniali e di cura che i loro genitori «elettivi» non chiedono altro che di potersi assumere ad ogni effetto, anche di fronte alla legge, così garantendo loro quei diritti di cui tutti i minori dovrebbero godere.
 

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